Le atmosfere del Settecento strumentale italiano

Le atmosfere del Settecento strumentale italiano promusica Protagonisti del penultimo Concerto della Sera della Stagione “Elena Lipizer” 2019-2020, il Pro Musica String Quartet composto da Piero Zanon – violino I, Aura D’Orlando – violino II, Marta Shore – viola, Francesca Agostini – violoncello e Manuel Tomadin – clavicembalo e Giulio Chiandetti – liuto, mandolino e chitarra in “Il fascino del Settecento Strumentale Italiano”. Nella serata di Venerdì 24 luglio sul palco del Teatro Bratuž l’ensemble ha presentato musiche di Antonio Vivaldi (1678-1741), Carlo Cecere (1706-1761) e Luigi Boccherini (1743-1805). Tre compositori musicalmente prolifici nati il primo a Venezia nella Repubblica dogale, il secondo a Grottole di Matera nel Regno di Sicilia, il terzo nella Repubblica di Lucca: una rappresentanza musicale dell’Italia degli Stati regionali del ‘700, compositori di riconosciuta fortuna in passato che perdura nel presente. Cecere, nome di spicco della Scuola napoletana, non si mosse dall’Italia, patria della musica barocca con Claudio Monteverdi; emigrarono Vivaldi a Vienna e Boccherini a Madrid. Autori di brani che vanno stilisticamente “dal barocco al primo classicismo”, ha chiosato Giulio Chiandetti, commentatore dell’intera serata. Basso continuo della prima parte “barocca” del concerto il clavicembalista Manuel Tomadin, Organista Europeo dell’ECHO 2012 e organista titolare della Chiesa Evangelica Luterana a Trieste. Entrambi, Chiandetti e Tomadin, diplomati con lode al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste, vincitori di concorsi internazionali e concertisti in carriera. Il quartetto d’archi Pro Musica, altro protagonista, formato da solisti di ampia esperienza musicale, presenta nel proprio repertorio autori dimenticati, brani musicali di “raro ascolto”, autori classici e barocchi. Tutti strumentisti, dunque, con curricula e carriere musicali di acclarato valore. Hanno proposto al numeroso pubblico i Concerti in Do magg. per mandolino e archi e in Re magg. per liuto – in realtà un arciliuto il proprio strumento, ha chiarito Chiandetti – e archi di Vivaldi, il Concerto in La magg. per mandolino e archi di Cecere e, nella seconda parte, i Quintetti VII in Mi min. G. 451 e IV in Re magg. G. 448 per chitarra e quartetto d’archi di Boccherini. Lo strumento usato da Chiandetti nei Quintetti è stato una “chitarra italiana” a sei corde, simile a un piccolo liuto, a distinguersi da quella classica d’uso tradizionale. Suggestivi, anche per gli eventuali ricordi e rimandi visivi dello spettatore al Vedutismo pittorico settecentesco, i Largo nei tripartiti Concerti per mandolino e liuto inconfondibilmente vivaldiani, mentre di spicco il minuettistico Grazioso del Concerto in La magg. di Cecere. I Quintetti di Boccherini hanno visto protagonista la chitarra in atmosfere haydniane e assai gradito al pubblico, tanto da essere ripreso come bis a fine concerto, l’iberico e celebre Fandango del Quintetto IV in Re magg. che prevede, nel caso fortunato della presenza di una danzatrice, anche l’accompagnamento delle nacchere, surrogate in questo caso dai battiti ritmici della violoncellista sulla cassa dello strumento. Attuato pienamente quanto enunciato nel titolo della performance e interessanti gli spunti di organologia musicale. Ultimo concerto della Stagione 2019-’20, dedicato a Elena Lipizer, Venerdì 31 luglio con il recital beethoveniano del notissimo pianista Roberto Cappello anticipato dalla Prolusione del Procuratore di Udine dott. prof. Antonio De Nicolo. Gianni Drascek
Luglio 27th, 2020