Gioioso congedo in musica al 2013

L'Orchestra Jora al teatro Verdi Gorizia – Ad accendere l’euforia beneaugurante carica di festosa spensieratezza tendono per tradizione i concerti di fine anno o di capodanno. Universale è il giubilo per la celebrazione della ricorrenza e non è il caso di addentrarsi nella selva di citazioni riguardanti parallele manifestazioni più o meno paradigmatiche: ciò che più importa è cogliere in musica anche la valenza sociale dell’appuntamento che solennizza il passaggio all’anno nuovo, e fa sognare naturalmente improbabili palingenesi dalle rosee prospettive. L’Associazione Lipizer ha centrato ancora una volta l’obiettivo di donare una serata di gioioso congedo all’anno vecchio, un 2013 che ha visto proprio il benemerito sodalizio isontino in prima fila, come sempre, nel preservare un’immagine culturale di risonanza internazionale alla città, nonostante le strettoie finanziarie di questi tempi calamitosi, che lo sconforto del presidente Lorenzo Qualli non riesce a dissimulare. Arianna Remoli Così al Teatro Verdi l’orchestra “M. Jora”, diretta da Robert Gutter, il violinista Fédor Roudine e il soprano Arianna Remoli hanno elargito l’appropriato addobbo sonoro all’evento seguito da un folto pubblico accorso al richiamo dell’immancabile repertorio viennese, nell’occasione dilatato, però, con sostanziali farciture da Ciaikowski, Mendelssohn, Saint Saëns, Verdi. Insomma un florilegio lussureggiante di insolita originalità che il direttore americano, se non ha cavalcato l’amabile istrionismo di Ovidiu Balan, abitualmente sul podio goriziano delle passate edizioni, non ne ha del tutto trascurato l’emulazione nell’assecondare il livello emotivo. Certo, la differenza fra le bacchette era più che avvertibile: Gutter è sembrato più concentrato sul leggio e sui puri valori musicali che alle trovate da showman, tanto che in parte ne ha snobbato le acclamazioni finali. Forse in tal modo ha favorito nell’uditorio, più che l’esultanza di prammatica, il voluttuoso abbandono della fantasia alle oniriche evocazioni sonore, quando, magari, si chiudono gli occhi lasciandosi cullare dall’eterno giro del valzer e vagheggiando lo sfarfallio della neve in un soffice paesaggio incontaminato. Fédor Roudine Insomma, oltre alla nostalgica viennesità coreutica, si è imposta la bravura del violinista, primo premio al Concorso internazionale “Rodolfo Lipizer” nel settembre scorso e la scioltezza vocale della cantante, dallo sgargiante, «coraggioso» vestito rosso fiamma. Degni di nota l’op. 64 di Mendelssohn e l’op. 28 di Saint Saëns, entrambe zampillanti di freschezza giovanile, splendido banco di prova per il violinista nel rapporto con la compagine orchestrale; e poi la parte del soprano che, assieme al repertorio viennese, ha proposto, in prima assoluta, con sentimento l’espressivo Angelo mio del compositore friulano Licio Venizio Bregant (classe 1936). Irrefrenabili applausi finali ripagati da un fuoriprogmamma verdiano (Sinfonia del Nabucco) ed – epilogo irrituale coerente con tutto il programma – il pirotecnico Cancan di Offenbach.Silvio Montaguti
Gennaio 8th, 2014