Presentazione degli Atti dei Convegni Internazionali sul Violino 1993 e 1994

Presentazione degli Atti dei Convegni Internazionali sul Violino 1993-94 Immagine attiva Associazione Culturale “M° Rodolfo Lipizer” Gorizia – Italia ATTI DELL’ XI° E XII°CONVEGNO INTERNAZIONALE SUL VIOLINO (1993-1994) a cura di Gianni Drascek, consulenza musicale di Elena Lipizer EDIZIONI DELLA LAGUNA- MARIANO DEL FRIULI (GO)- 2011 PR ESENTAZIONE Sala del Consiglio Provinciale di Gorizia – 14 aprile 2011 Un filo rosso lega l’XI e il XII Convegno: nel primo si parla della scuola ungherese e delle sue radici nazionali e folcloriche, nel secondo si discute e si teorizza sul significativo influsso della musica popolare sul repertorio della musica seria. E’ stato il M° Flavio Testi, Presidente del Convegno del 1993, a passare il testimone al M° Giacomo Manzoni, Presidente nel 1994, attraverso una suggestiva proposta culturale, ovvero l’“approfondimento sui rapporti tra il violino e la musica popolare di qualsiasi nazionalità”. Il volume presenta, quindi, due temi correlati: la scuola ungherese attraverso i suoi rappresentanti nazionali e l’importante e spesso pregnante presenza della musica popolare nel repertorio della musica colta. E’ stata tracciata una mappa ideale, sotto l’aspetto biografico musicologico e musicale, che ha evidenziato una specie di “albero genealogico” che, partendo da Hubay e attraverso più generazioni di violinisti e compositori, giunse fino a Joseph Szigeti e purtroppo alla fine della scuola violinistica ungherese la quale, secondo alcuni, dopo la seconda guerra mondiale non ha più prodotto artisti d’eccellenza. Si chiudeva così un secolo di magistero tecnico e interpretativo, ancora oggi ammirato e apprezzato, grazie anche alle storiche incisioni di grandi violinisti ungheresi rimasterizzate sui CD. Sono state sottolineate le caratteristiche precipue della scuola violinistica ungherese. Il diplomato di violino che usciva dall’Accademia di Budapest disponeva di una tecnica perfetta, di uno stile strumentale peculiare, di una grande affinità con la musica da camera e una visione musicale in cui “virtuosismo ed espressione, tecnica e conoscenze stilistiche erano di uguale importanza”, in un’interpretazione “individuale” che evidenziava l’“attenzione alla bellezza tonale, la forza ritmica, l’energia emotiva”. Tutto ciò diede luogo alla concentrazione di virtuosi e di pedagoghi e ad una formazione musicale nei violinisti caratterizzante, la quale trovò le sue radici anche nella tradizione della musica popolare e non ultime nelle dolorose vicende politiche e storiche del Paese. L’Ungheria è stata definita il “Conservatorio d’Europa” perché ha saputo accogliere orchestre, compositori, direttori e virtuosi stranieri, e l’amore per la musica nella vita quotidiana e l’entusiasmo degli Ungheresi nelle sale da concerto sono proverbiali. Per converso, è avvenuta una diaspora dei musicisti ungheresi, ma ciò fa parte dell’insita e necessaria comunicabilità della musica e di un certo fisiologico nomadismo di musicisti e violinisti. L’XI Convegno è stato onorato dalla presenza, tra gli altri esimi relatori,dell’amico ed esecutore delle composizioni violinistiche di Bartók e con questi componente di un celebre duo, André Gertler, di cui è stato fatto un affettuoso e ammirato ritratto, mettendone in risalto i principi pedagogici e la filosofia dell’interpretazione: la musica non è soltanto un linguaggio ma un mezzo di comunicazione che esige semplicità e veridicità; grande importanza ha lo sviluppo delle qualità umane dell’esecutore perché “si suona come si è, non si può esprimere di più, ma soltanto ciò che si ha dentro di sé”. André Gertler, dal canto suo, nel proprio intervento ha ricordato con commozione un giovane talento ungherese morto tragicamente a soli quattordici anni, Janos Nagy, allievodi Reszö Kemeny, a sua volta allievo di Hubay. Sono state date comunicazioni particolarmente significative: la pubblicazione sulla rivista ungherese “Studia Musicologica” del repertorio di musica ungherese compilato e poi aggiornato da Geza Papp; l’editoria musicale pseudopopolare dell’800; la nuova corrente musicologica che ricerca le origini asiatiche, orientali, perfino circasse dell’autentica musica ungherese baipassando il tradizionale esotismo di matrice zigana; il ritrovamento fatto da Goldhammer nell’Archivio“Richard Wagner” di Bayreuth di un manoscritto di Remenyi e Liszt, la trascrizione da parte di quest’ultimo di una melodia scritta dal violinista e compositore Bihary; le Rapsodie di Liszt e le Danze di Brahms; una “vera e propria edizione critica” di alcuni brani di opere violinistiche di Brahms, Čajkovskij, Bartók e altri autori; i rapporti tra compositore e violinista, tra insegnante e allievo, e ancora le considerazioni non proprio benevole sugli stages e le masterclass. Coinvolgenti le relazioni sulla musica popolare ebraica, iberica – portoghesee spagnola -, giapponese, russa e sovietica, bulgara, americana – nera e “indiana”-, l’influenza di quest’ultime su Ives, Cowell e Copland -, e uzbeka, nonché la presentazione di un’interessante sequenza organologica e liutaria che va dalla biwa giapponese alla gadulka bulgara e al kobuz uzbeco. E’ doveroso e gradito segnalare che durante diversi interventi i relatori hanno eseguito, esemplificando al violino, quanto esponevano e affermavano teoricamente, per maggiore comprensione didattico-pedagogica e interpretativa. Sono emerse diverse visioni dell’attuale situazione musicale. L’organizzazione socio-politica in passato favoriva la vita culturale, oggi ci si avvia verso l’isolamento di ciascun gruppo politico-culturale che vuol fare essenzialmente da sé. La supponenza della classe colta, arroccata sulla sua turris eburnea, e il mancato ricambio dell’autentica musica popolare sono, tra le altre, causa di una certa aridità. Se, dunque, da una parte si prova un “senso di depressione” riguardo all’attuale situazione musicale, sottoposta a globalizzazione, internazionalizzazione e omogeneità, e si constata un progressivo allontanamento della musica professionistica dalle proprie radici, dall’altra si sottolinea invece la continuità del percorso di perfezionamento delle possibilità espressive e la presenza della musica tradizionale e popolare anche nell’avanguardia “più spinta ed estrema”, non ultima tra gli altri in Maderna, Nono, Manzoni e Xenakis. Con tutta probabilità ci si sta avviando verso una civiltà musicale omogenea, non legata ai momenti locali e nazionali. Infine, corre obbligo riportare le parole conclusive del M° Giacomo Manzoni:“Siamo curiosi di vedere come nei prossimi anni e decenni questo sviluppo della civiltà musicale europea si svilupperà e quali altri aspetti e modi di essere acquisirà anche questa eco di musica popolare che, ci auguriamo, non sia destinataa scomparire totalmente”. Gianni Drascek,curatore
Agosto 16th, 2010