Presentazione degli Atti dei Convegni Internazionali sul Violino 1988-89-90

Presentazione degli Atti dei Convegni Internazionali sul Violino 1988-89-90 Atti 1988-89-90 Associazione Culturale “M° Rodolfo Lipizer” Gorizia – Italia ATTI CONVEGNI INTERNAZIONALI SUL VIOLINO (1988-1989-1990) a cura di G. Drascek Edizioni Santabarbara– Bellona (CE) – 1994 PR ESENTAZIONE SALA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DI GORIZIA – ITALIA 16 SETTEMBRE 1994 Metodologia, didattica e programmi per l’insegnamento del violino” (1988 -1989)e “L’incidenza della tecnica dell’arco sulla qualità del suono” (1990) sono i temi dei tre Convegni, i cui Atti vengono presentati oggi. Il lavoro di ascolto, trascrizione, rilettura e coordinamento delle relazioni presenti nelvolume hanno reso possibile l’individuazione di alcuni temi trasversali, affrontati lucidamente da compositori, violinisti e relatori, provenienti da nazioni geograficamente lontane eppure vicini per la coincidenza delle problematiche e delle argomentazioni esposte. Questi i nuclei tematici di maggiore rilevanza. Il primo riguarda l’invito allo studio della musica contemporanea. I giovani violinisti debbono intraprendere questo studio per conoscere quanto è stato composto oggi e per non trovarsi in difficoltà al momento di affrontare la prima lettura e l’esecuzione – anche nell’ambito di un’orchestra – di una composizione di musica contemporanea. La prima prova del Concorso “Premio Rodolfo Lipizer” prevede ogni anno l’esecuzione di un brano d’obbligo di musica contemporanea, espressamente composto dal compositore italiano presidente della Giuria due anni prima. Ciò da più parti è stato giustamente considerato meritorio e promozionale per la diffusione della musica odierna. Il livello musicale contemporaneo evolve rapidamente, spinto dall’immaginazione e dalla ricerca sulle possibilità della comunicazione umana attraverso il suono. In quest’ottica l’interpretazione della musica contemporanea esige dal violinista una tecnica differenziata. Tutto ciò rimanda necessariamente all’aggiornamento dei programmi, del sistema didattico e dei docenti. Bisogna ridiscutere e aggiornare i programmi di insegnamento. Bisogna da una parte che il docente, al di là delle sue conoscenze tecnico-didattiche, affronti un lavoro sistematico sulla dimensione umana dello studente, sulle sue qualità e sulla sua sensibilità, dall’altra che ci siano delle prove attitudinali serie e una selezione qualitativa che avvii alla musica e al concertismo solamente coloro che possiedono il talento dovuto. Qui non si parla, ovviamente, di educazione musicale, che è altra cosa e che deve essere la più ampia possibile e allargata ad una fascia sociale sempre più vasta. Secondo alcuni – e tra questi Luciano Berio – i conservatori in Italia sono troppi e spesso diretti con mentalità sì manageriale ma non altrettanto “musicale”: ciò a scapito della qualità del “prodotto”. Inoltre i programmi sono vecchi, per concezione, di mezzo secolo e quindi inadeguati. I docenti stessi dovrebbero rimettersi in discussione e proporre, oltre a ciò che fu insegnato loro in gioventù, modalità tecnico-didattiche acquisite aggiornandosi, come avviene ormai usualmente nella scuola – l’insegnamento della musica è di diritto inerente alla prassi educativa, anche se facente parte di un’area estremamente identificata -E’ necessario che i docenti siano educati in modo che possano trasmettere agli studenti le loro conoscenze con parametri molto alti. Il grande violinista è frutto, al di là del talento innato, anche di un insegnamento “onesto e pertinace” da parte di un docente professionale sotto tutti i punti di vista, un docente che educhi alla sensibilità per il suono. In questa prospettiva ci si inoltra nel problema della tecnica. Nuovi media, quali la registrazione, il compact-disc, la televisione, hanno attraversato il campo della musica. E’ cessata la tradizionale diversificazione tra scuole; Raymond Gallois-Montbrun parlava, anzi,di una “scuola universale di violino”, punto di arrivo di un lungo “lavoro collettivo”. Si ha inoltre l’impressione che sia in atto un “esperanto violinistico” – la definizione è di Michael Frischenschlager – basato sull’ideale stereotipato della perfezione sonora, su di una tecnica derivante dalla prassi discografica, e asservito all’Urtext, al testo originale. Si sta diffondendo un ideale di perfezione tecnica che determina un modello neutrale ed egualitario; la cultura musicale si sta universalizzando – e ciò è un bene – ma con il rischio di un progressivo livellamento. Dall’altro lato la musica “tradizionale” diviene sempre più conservativa. E’ doveroso quindi ricercare un metodo che privilegi la musicalità nelle dimensioni spirituali, estetiche ed emotive, che non sono di certo secondarie rispetto a quelle dichiaratamente tecniche. La sensibilità dell’esecutore, la sua specificità individuale, non sono tecnicizzabili: se si volessero imitare le sottigliezze delle interpretazioni violinistiche dette “belle” con degli strumenti elettroacustici, sarebbe necessario aggiungere alla regolazione di questi mezzi un’infinità di parametri che comunque non potrebbero raggiungere e competere, per esempio, con il tocco inimitabile e personale dell’artista. Suonare il violino è essenzialmente un’arte che richiede creatività, fantasia e immaginazione, comprendenti in modo osmotico la tecnica. Gianni Drascek, curatore
Agosto 16th, 2010